AZIENDE CHE CHIUDONO, INTERVIENE MAURO GARDENGHI
I dati diffusi da Infocamere Movimprese certificano una realtà che da almeno due anni andiamo descrivendo.
Le PMI, quelle che identifichiamo come ceto medio produttivo, soffrono perché stremate da un livello di tassazione che tarpa le ali ad ogni programma di sviluppo, da una burocrazia soffocante, dalla quasi impossibilità di accedere al credito. Altri i problemi si aggiungono: costi energetici esorbitanti, rigidità e costo del lavoro, cuneo fiscale, mancanza di infrastrutture, giustizia lenta, progressiva distanza fra la sofisticata ricerca universitaria e ciò che servirebbe davvero alle PMI…
Così è impossibile ‘fare impresa’.
Se prima erano stremate, ora le imprese chiudono. Abbiamo dati dalla Confartigianato nazionale che confermano quelli di Infocamere per quanto riguarda il nostro territorio. Al proposito, Rete Imprese Italia lunedì 28 febbraio ha programmato a Roma la Giornata di Mobilitazione su questi temi.
Ma la situazione è ben peggiore di quella rappresentata dai freddi numeri.
Il saldo delle imprese è un riferimento parziale. La realtà è che chiudono imprese strutturate, storiche, con dipendenti ed un mercato di riferimento, mentre aprono imprese generate da chi è fuoriuscito dal mondo del lavoro, imprese senza dipendenti, disperatamente alla ricerca di un futuro. Il loro numero pare alto per questo frazionamento, ma la loro struttura è debolissima e precaria.
E’ una situazione che al nostro livello territoriale, caratterizzato da un altissimo numero di PMI, sopra alla media, andrebbe affrontata con una forte coesione, fattore decisivo nei momenti più difficili. Il ceto medio produttivo è una grande risorsa sociale oltre che un pezzo dell’economia. Salvarlo significa fare gli interessi della nostra gente e garantire una democrazia economica che non possiamo permetterci di alterare.
Invece la quotidianità è segnata dal progressivo scollamento. Dalle Amministrazioni ascoltiamo quasi soltanto demagogia, picconate e criminalizzazioni. Mentre i problemi giacciono irrisolti, si incentivano le fratture, si esaltano i particolarismi. Cerchiamo tutti una maggiore concretezza.
Intanto c’è chi a sera, disperato e alle prese col pericolo di chiudere la propria impresa, deve decidere cosa fare per non lasciare a casa i propri collaboratori e per non aggiornare quei numeri così drammatici.
Per uscire dalla recessione dobbiamo creare nuovo lavoro, soprattutto per i giovani. Ma non ci sarà lavoro se non ci saranno imprese; e non ci sarà crescita se non ci sarà lavoro.
Mauro Gardenghi
Segretario Provinciale Confartigianato