“La Sangiovesa” | Prosegue il viaggio del libro che racconta i trent’anni del locale di Santarcangelo
Santarcangelo (RN), 12 luglio 2022 – Prosegue il viaggio in Italia de “La Sangiovesa” – L’osteria di Santarcangelo”, il volume dedicato ai primi trent’anni di vita del locale.
Il libro curato da Giorgio Melandri, con le immagini di Maurizio Gjivovich e la prefazione di Luca Sommi, è stato presentato ieri a Roma nell’Enoteca Buccone, gestita da Buccone e Trimani e punto di riferimento per il vino nella Capitale.
Protagonisti dell’incontro il giornalista e critico enogastronomico Antonio Paolini, l’autore del libro Giorgio Melandri e Massimiliano Mussoni, cuoco de La Sangiovesa.
“C’è un nuovo movimento di straordinarie trattorie che fanno una lettura esatta della filiera. Un fenomeno in crescita che ha alcuni saldi punti di riferimento in Italia: uno è sicuramente “La Sangiovesa”. È cucina della tradizione di livello altissimo e prodotti di qualità senza compromessi”. Sono le parole con le quali Antonio Paolini, giornalista enogastronomico di grandissima esperienza, ha aperto la presentazione del libro. È un riconoscimento che cambia la lettura della cucina italiana e alza il rango della cucina di tradizione.
“Ci sono esperienze che tracciano una strada e La Sangiovesa è una di queste.”, gli ha fatto eco Giorgio Melandri, giornalista e autore del libro. Con questo giro d’Italia il locale di Santarcangelo si propone come tappa irrinunciabile dell’esperienza della cucina di Romagna e l’interesse che suscita è figlio di una stagione nuova e di una consapevolezza che ha radici in trent’anni di lavoro.
Massimiliano Mussoni, cuoco de La Sangiovesa ha accolto gli ospiti con un aperitivo a base di piada e salumi della Tenuta Saiano, l’azienda agricola della famiglia Maggioli che lavora in esclusiva per il locale.
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La Sangiovesa:
La Sangiovesa, l’Osteria di Santarcangelo, nasce 30 anni fa da un’idea di Manlio Maggioli e di un gruppo di amici, tra i quali Tonino Guerra. Da allora è un testimone prezioso dell’identità romagnola, nella cucina e nella cultura che rappresenta. Sedersi ai tavoli della Sangiovesa è un’esperienza forte, coerente, ricca di atmosfera e buona cucina. Una visita che non può mancare in un viaggio in Romagna. In questo libro c’è il racconto di tutto il mondo della Sangiovesa, di chi ci lavora, del suo territorio e della sua cucina. Le ricette sono quelle dei classici romagnoli, piatti proposti da sempre ai tavoli di questa straordinaria osteria. Fu Alteo Dolcini a inventare il nome La Sangiovesa, un’osteria nata dal desiderio di Manlio Maggioli di condividere con alcuni amici le cose e i cibi della tradizione. Tonino Guerra – poeta, sceneggiatore, pittore e intellettuale – ne intuì subito le potenzialità come contenitore dove ammucchiare la poesia e la bellezza, “qualcosa di nuovo e anche di vecchissimo che meriti di essere scoperto o, se vecchio, dissotterrato dall’indifferenza.” Scrisse nel 1984. Un locale che avrebbe proposto cibi e vini della Romagna, ma che poteva anche essere un luogo capace di dare “grande soddisfazione agli occhi”. L’idea che un locale potesse rappresentare e proporre una cultura a tutto tondo, magari con quella poesia che Guerra regalava a piene mani, era innovativa per i tempi ed era un modo di pensare che Manlio sposava, così come l’aveva sposata Alteo Dolcini, altro amico fraterno che amava e promuoveva le cose di Romagna e che partecipò a quel primo laboratorio di idee aggregato intorno alla Sangiovesa. L’idea che la cultura materiale potesse ben rappresentare l’identità era in qualche modo rivoluzionaria e quelle tagliatelle, la piada, e sanzvés (il sangiovese) diventavano la bandiera di un popolo. Tonino Guerra aggiungeva la bellezza e la poesia, quegli “oggetti” misteriosi che erano dappertutto, ma che i romagnoli, con la loro pragmaticità non riconoscevano mai. A simboleggiare la Sangiovesa fu scelta una donna giunonica disegnata da Fellini, non a caso uno dei pochi che aveva saputo leggere poeticamente quel folclore così vicino alle cose quotidiane, che ne aveva saputo apprezzare le colorature linguistiche senza rendere ridicolo un solo atteggiamento.
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